Antico e moderno, decadimento e rinascita, natura e urbanizzazione, movimento e immutabilità sono i temi affrontati nelle tele di Andrea Savazzi. I vasti ambienti rappresentati dall’artista sono luoghi abbandonati, in un surreale ma apparente stato di congelamento, dove, però, un brillio vitale erompe. Luoghi di un passato che vuole essere protagonista anche del presente, subendo le influenze della contemporaneità.
I giganti di ferro e cemento appartenenti all’epoca industriale, diventano gli inconsapevoli “rifugi” dove le nuove generazioni esprimono furtivamente i propri pensieri e sentimenti, angosce e paure.
Artruà
La pittura astrattamente realista di Andrea Savazzi colpisce immediatamente per la scrupolosa tecnica esecutoria, per la metodica capacità- architettonica, anatomica, atmosferica, cromatica- di restituire agli occhi dello spettatore la verosomiglianza trasfigurata dell’oggetto (o soggetto) prescelto, si direbbe predestinato. Difatti nonostante la palese, invero caparbiamente coerente, decadenza degli scenari scheletrici selezionati, egli possiede la sapienza necessaria alla redenzione della sordida decomposizione, padroneggia il medium metamorfoso del pigmento capace di mutare lo squallore documentaristico, capovolgendo l’oscena realtà periferica in bellezza nuova.
…Andrea Savazzi dipinge l’abisso, pazientemente ricostruisce fallimenti strutturali e morali, obsolescenze produttive e fantasmi di calcestruzzo, per poi abbagliare tutto di colore, donando così un’estetica possibile all’oscuro tormento che stancamente ci vuole perennemente aggiornati, effimeri commedianti del contingente, colla scusa del futuro, immemori e ciechi al cospetto di un’eterna decadenza circondariale, nella quale siamo immersi, sprofondati, nel migliore dei casi superstiti.
Donato Novellini