Cammino con Laura per le sale della galleria in cui sono esposte le sue opere. Sembra dispiaciuta del fatto che io voglia acquistare un suo quadro. Quello, e proprio quello che a lei è più caro, quello che non era neppure collocato in bella vista e che, confuso in mezzo a tanti, avrebbe dovuto passare inosservato. E allora cerca di distogliere la mia attenzione e di portarla altrove, su qualche altro dei suoi lavori, con la speranza forse che mi dimentichi di quello che ho scelto, e che tanto le sta a cuore. Ma sono sicuro che ciò accade tutte le volte quando si avvicina il momento di separarsi da una sua tela. In realtà vuole assicurarsi che tu sia veramente convinto, veramente innamorato del quadro che hai scelto, e che questo non servirà solo a coprire una parete nuda, ma dovrà dividere la vita con te. Strano lo sguardo di Laura quando ti osserva, mentre ti parla della sua esperienza pittorica. Saresti portato a pensare che valuti, per una sorta di deformazione professionale, i tratti del tuo volto. E invece dopo scopri che non è così. Confessa di non essere fisionomista, di non avere nessuna memoria visiva, di essere affetta, nei confronti della materia, da una sorta di astigmatismo, e che questo difetto (ma io lo definirei un raro dono) le permette di vedere in profondità, e di scorgere l’essenza delle cose, delle persone.
L’aura, dunque. E Laura è anche il suo nome emblematico. Non a caso le immagini che dipinge sembrano immerse in una sorta di luce astrale, dove ogni cosa passata - presente- futura ha già lasciato la sua impronta. E' in questo elemento fluido e cangiante, il quale è la memoria e l’immaginazione stessa della natura, che ruota il mondo vibratile di Laura, dove ogni cosa è in perenne fermento, un mondo in cui volano o nuotano simboli e ricordi, in cui i relitti della nostra cultura e le visioni di una perduta infanzia si compenetrano, scambiandosi a vicenda le forme, in una trasmutazione incessante.
Infine Laura si rassicura quando le dico che un quadro non è mai venduto, ma solo dato in affidamento e che naturalmente potrà vederlo quando vuole, venendo a casa mia. E mentre ci avviamo verso l’uscita, poichè la galleria sta per chiudere, scorgo, appartato in un angolo, lasciato quasi a bella posta al margine della sala, seminascosto da un tendaggio, un olio su tela di piccole dimensioni. E mi avvicino per osservarlo. Laura alle mie spalle sembra allarmata, e cerca di giustificarsi dicendo che si tratta di un lavoro di tanti anni fa, uno dei primi che ha fatto. E' evidente che, per tema, dimensioni e colore, non ha nulla a che fare con i suoi quadri più recenti. E' il trompe-l'oeil composto di sole tonalità di grigio e di bianco, che raffigura la cornice polverosa di una finestra, e una farfallina morta lì nell’angolo, dietro al vetro chiuso. Forse questo appartiene al tempo in cui Laura metteva ancora a fuoco le cose, ma urtava contro la realtà, al tempo in cui Laura non scorgeva l’aura. E la sua anima imprigionata si sentiva morire.
PAOLO MAURENSIG
Per l'opera di Laura Grusovin bisognerebbe cercare una nuova definizione che non venga troppo circoscritta dalle parole, una sorta di viaggio che ci porti dal "realismo magico" alla "magia della, e nella, realtà."
Un tempo cantastorie, menestrelli e trovatori con la loro voce ed il loro canto rendevano leggendari gli accadimenti e possibile il mito. Oggi l’esigenza dello spazio fantastico nella nostra vita non è esaurita anzi, diventa quasi necessaria in un mondo che non sa più sorprendersi se non attraverso drammatici avvenimenti e, forse, neanche più con quelli. Non più gesta di antichi cavalieri, d'arme e d'amori, o almeno, non più rappresentati in quel modo, cinema e televisione li sanno confezionare perfettamente sostituendosi alla nostra immaginazione. Eppure la nostra immaginazione deve continuare ad esistere, per essere partecipe attiva nel cogliere lo stupore del mistero che la vita, il racconto, il ricordo, a volte anche amaro, sanno donarci. E' questo uno dei meriti di Laura Grusovin, essere menestrello e trovatore nel saper narrare con la voce della pittura, dote naturale affinata con perizia e volontà e fatica nel tempo e nel tempo della vita. Saper narrare lo stupore nelle sue storie, che divengono un po’ anche le nostre perchè condivisibili nello sguardo a un suo dipinto, la sorpresa di quanti colori e forme possano avere la quotidiana realtà e le piccole o grandi emozioni, fino a svelare caleidoscopiche visioni che sanno nobilitarsi ed arricchirsi di magia, proprio perchè la vita la contiene. Ecco la scoperta che Laura ci invita a fare, anche le nostre storie possono avere un tempo recuperato alla comprensione, una sorta di "wonderland" di lettura, non per forza fantastica ma magica e quindi forse un po’ più possibile. Grazie a Laura Grusovin anche il nostro vissuto può essere permeato di stupore anche se ci rimane un pizzico di sana invidia, o meglio, ammirazione, di come, più sciamano che cantastorie lei saprebbe narrarlo per noi.
ALESSANDRO GEA
Laura Grusovin è un’artista capace di sedurre lo sguardo e la mente. Come pittrice e come incisore è molto abile, dotata d’ottima tecnica e di rara capacità nel possedere il colore ed i contrasti. Ma la sua vera forza è racchiusa nell' universo simbolico, che sa padroneggiare con raffinata disinvoltura e molta cultura, senza mai deragliare nella pura illustrazione o in un semplice gusto per la decorazione e per l' effetto sorprendente.
PAOLO LEVI
Laura Grusovin si presenta come artista dalle raffinate capacità tecniche e una saldissima cultura figurativa. Il suo background è nella musica e tale preparazione le ha lasciato un senso armonico profondo che è diventato quasi una seconda natura per la rigorosa e ordinata disciplina che lo sottende e che, senza nuocere alla poesia, si è trasferito nel suo esercizio pittorico frutto di studio e di preparazione attenta e continua.
Ama le dimensioni ampie, in ogni caso dispiegate a tutto campo e dal respiro profondo, per un'arte che è sempre narrativa in modo diretto ma anche simbolico. Il suo raccontare è frutto da un lato della più pura fantasia e dall'altro dell'osservazione della natura. Gli elementi vengono assunti e subiscono una trasformazione profonda così da entrare a far parte dell'incanto fiabesco dei suoi paesaggi surreali nei quali, dietro la vetrificata apparenza, si nascondono percorsi inquietanti e discorsi niente affatto banali sullo spazio, sul tempo, sulle metamorfosi possibili. Allo stesso tempo le atmosfere conservano ritmi arcaici e solenni, capaci di cogliere l'ordine delle cose rappresentate lasciando però vivo e vibrante l'effetto luministico.
Il mondo della Grusovin è impaginato con cura attorno a forme primeve e, allo stesso tempo, si presenta come un riflesso di realtà trascendenti ma non estranee e garbatamente si pone come proposta d'arte e come spazio per la fantasia che chiama l'osservatore ad inoltrarsi nelle sue opere senza paura, seguendo le linee prospettiche verso i punti di fuga con la certezza che l'infinito è sempre una dimensione spirituale.
CLAUDIO H. MARTELLI
Pervenuta alla pittura per naturale confluenza di un processo evolutivo che ha toccato anche le ragioni della musica, Laura Grusovin ha saputo riversare sulla superficie quella consapevolezza d’armonia che governa da sempre il suo slancio creativo. Dotata di una fine sensibilità compositiva e di un’accorta logica cromatica, l’artista ha affidato per lungo tempo all’espressione pittorica parte del suo mondo di sogni, in una seducente avventura dentro le seduzioni dell’immaginario.
Ma l’incursione nel territorio onirico non è fuga dalla realtà, casomai raggiungimento di una postazione privilegiata per analizzarla, dopo aver decantato i sedimenti psicologici che condizionano lo scatto critico.
Il suo modo di aderire al metodo d’impronta surrealista ha i segni di un’originalità piena, convalidata dal suo modo di congiungere realtà e fantasia in una sintesi concettuale di rilievo naturalistico. In effetti, l’ambito fisico, nelle sue mille formulazioni possibili, è sempre presente nell’ispirazione di Laura Grusovin, anche quando l’autrice goriziana sembra essere molto lontana dal mondo rappresentato. Spostando la barra della sua progettualità d’indagine dal tratto simbologico a quello realistico, l’artista dedica parte delle opere al mare, tema già trattato nella sua fase surrealista, ma ora inquadrato nella sua valenza di fondale. Anche oggi è dato rinvenire nell’argomento risvolti di sicura rilevanza emblematica: le zone insondate della coscienza, il territorio dell’ignoto di cui si esorcizza la sfumatura angosciante e terrifica con la traduzione in immagine accattivante, il battito di una vita che scorre lontano dalle vicende degli uomini, dove all’eloquenza ridondante delle forme e alla magia delle presenze corrisponde il silenzio quasi assoluto. Il piano dipinto è solitamente su supporto rigido, la tavola, alla maniera di antiche pratiche da bottega: nell’uso del colore, che si fa pellicola fermentante di calore umano e adesione piena al mondo “ricostruito” nel perimetro della pittura, emerge la capacità di captare il senso di uno spazio estremamente dilatato anche nella focalizzazione del particolare e del tempo scandito dai battiti di un’orchestrazione di toni, che appartengono alle misure fondanti dell’esistente.
ENZO SANTESE
Nelle sue opere iniziali i ricordi e i sogni giovanili, i sentimenti, i pensieri e le speranze, ma anche le inquietudini e le paure trovano sfogo in composizioni di impronta surrealista, che denotano una perfetta padronanza dei mezzi espressivi. In quei lavori la precisione del disegno, il verismo dei dettagli, le originali prospettive, la pulizia e la finitezza dell’impianto compositivo danno vita a un universo poetico in cui visioni oniriche e particolari realistici si fondono armonicamente. Queste caratteristiche sono diventate un tratto distintivo della pittura di Laura Grusovin, una specie di filo rosso che corre lungo tutta la sua attività pittorica . Col tempo si sono completate e consolidate con acquisizioni stilistiche destinate a conferire alle sue immagini l’atmosfera di sospensione e di inquietante attesa tipica della pittura metafisica e del realismo magico, ad arricchirle di un afflato lirico che rende bene le tenerezze emozionali proprie dei sogni ad occhi aperti.
Joško Vetrih
Seguo ormai da diversi anni l’evoluzione dei percorsi artistici di Laura Grusovin, e mi pare di aver compreso che quanto la muove a rappresentarsi su una tela sia il portarsi ancora più avanti nella sua ricerca formale rappresentando, al contempo, il suo stato d’animo del momento, anche per analizzare e dare ordine a quanto concorre a determinarlo. Avviene così che il più delle volte il risultato sembra ispirato, più che da uno slancio lirico, da un ragionato disegno narrativo, che si avvale di una rigorosa – il più delle volte minuziosa – adesione al reale, oppure dall’irruzione onirica del surreale, o infine dalle metafore più o meno esplicite che rimandano a una narrazione di forte richiamo simbolico.
Assai spesso lo sviluppo di tale riflessione dell’artista parte dalla contemplazione di un dualismo, dalla constatazione di un’antinomia dentro/fuori ove il dato spaziale a volte rappresenta solo se stesso, ma sovente è un dato simbolico, è parte di una metafora a volte autoesplicativa, altre volte più complessa, mitizzata ed elusiva. Così, nella raffigurazione di una finestra aperta, il “dentro” rappresenta l’interiorità, o a volte la sicurezza di un ambito familiare e domestico contrapposta a un “fuori” insidioso e immaginato ostile, ma anche, al contrario, il “fuori” può divenire sinonimo di conoscenza e libertà che “dentro” sono negate o limitate. In altri casi, l’organizzazione di composizioni bipartite individua in due opposti ambiti presenti nel dipinto che si forniscono reciprocamente rilievo: il caso più semplice è quello di una suddivisione dello spazio basata sulla contrapposizione tra luminoso e oscuro, che può apparire un mero effetto luministico, ma spesso non si limita a questo, prestandosi alla compresenza di due aree emotive, più che figurative, che si confrontano sulla medesima tela.
L’irruzione del sogno e dell’elemento fantastico nell’economia del dipinto, così frequenti e lungamente caratterizzanti nel percorso artistico della Grusovin, costituiscono, con la loro apparente incongruità d’ispirazione, il momento di fusione tra una poetica attenta alle suggestioni provenienti direttamente dall’inconscio e una più serena contemplazione del reale, accarezzato sempre con suggestiva e coinvolgente empatia. Capita così che un cielo immerso in una luce vespertina (o forse aurorale) sia solcato da banchi interi di pesci, le cui sagome vanno ad occupare, com’esuli pensieri, gli spazi di solito riservati alle nuvole.
Il surreale, che ha lungamente intersecato il percorso creativo dell’artista, sembra negli ultimi tempi restringersi in una visione dominata da precise e ricorrenti simbologie: si trattasse di un testo letterario, bisognerebbe parlare di metafore e di allegorie. Così, limitandosi a considerare alcune delle opere di più recente esecuzione, i nastri colorati che intendono riferirsi ai rapporti interpersonali, sono di volta in volta piegati all’esigenza di raffigurazione della loro variopinta molteplicità, o infiocchettati nella loro solitudine, o anche, ridotti all’afonia del nero e sfuggenti verso un remoto enigmatico altrove, simbologia della perdita e
del lutto, come suggerisce, con una modalità ricorrente, il titolo, che, come avviene per alcune poesie per lo più nell’ermetismo (si pensi ad esempio a Soldati, di Giuseppe Ungaretti), è parte integrante e illuminante della composizione.
Dal punto di vista formale, il lavoro dell’artista rimane fedele a un vincolo figurativo compiuto ed esigente, una minuziosa ricerca di perfezione in ogni gesto, in ogni segno, in ogni minima scelta cromatica. Un modus operandi coerente con i lunghi anni dell’esperienza creativa esercitata sempre con grande
determinazione ed assiduità, in armonia con la generosa dedizione con la quale Laura Grusovin si dedica al suo lavoro senza che da esso traspaia il minimo segno di stanchezza, di caduta d’entusiasmo o di cedimento alla lusinga
di un fare pittura confortevolmente adagiato nella sua ripetitività.
WALTER CHIEREGHIN