La trevigiana Marialisa Povegliano utilizza una sorta di cellule, tendenti ora al tondo, ora all’ovale ed ora al quadrato per realizzare le sue argille smaltate ed inserite in cerchi di ferro corten. L’agglomerazione di tali cellule è sempre finalizzata ad alludere, pur se molto approssimativamente, a qualcosa: qui la sagoma di un busto per Felicità, la sagoma di un tronco con fogliame per Grande Albero ed infine uno stretto ingresso per Portale, tutti lavori eseguiti nel 2022. E forse in essa vive l’intento di esorcizzare la pandemia.
Giorgio Di Genova
Le opere di Povegliano si percepiscono soprattutto come opere tattili, che contrariamente alla pittura emergono e si sviluppano sopra la superficie ridando nobiltà alla profondità reale e non simulata dello spazio. In questo caso abbiamo a che fare con la pregiata tecnica delle ceramiche, che nella tradizione si presenta a tutto tondo come una scultura completa, ma che nel caso dell’artista vuole accostarsi agli spazi piani della pittura, esaltandone una visione frontale e dando alla ceramica nuove identità. Il risultato è legato a un’astrazione significativa della forma, legata al rapporto spontaneo ed espressionistico tra la mente e i suoi stati d’animo e il gesto delle mani, guidato verso una modellazione sensibile alle diverse varietà di forme, fra loro differenziati soprattutto sulla base dei volumi discostanti. I volumi sono spesso posti in contrasto con piani liberi e spaziali e spesso il contrasto è determinato solo dalle forme, perché dal punto di vista cromatico, vi è coerenza nell’artista, anche se a volte i colori usati sono in alcune situazioni particolarmente accesi, mentre in altre si esprime l’annullamento del colore in una condizione di candore assoluto. Il materiale tattile della ceramica sembra annullare il suo valore sensibile, rinnegare le sue origini quando desidera collocarsi sul piano del dipinto, con l’unico fine di scavare ed esplorare nuove identità, inattese soprattutto se si permette alla mente di evolversi e allontanarsi dall’origine primordiale. La bellezza del gesto artistico della Povegliano consiste nella capacità di scardinare la tradizione, percepita come limite, per compiere uno studio di vita capace di indurre il suo percorso, ma anche allo spettatore complice e coinvolto, verso nuove sorprese identitarie.
Sandro Gazzola
Marialisa Povegliano Bulfone compie una ricerca nell’ambito dell’attività artistica, al confine con la raffinatezza artigiana: una ricerca non recente, datata primi anni ottanta, che da qualche tempo si sta definendo in forme creative attente allo studio del colore e delle sue reazioni a contatto con i materiali.
L’abilità manuale le consente di raggiungere piena padronanza della “terra” e la sensibilità artistica la spinge in un mondo ideale alla ricerca di simbologie e di appartenenze estremamente personali, non filtrate, ma immediate. Una fantasia creativa che non appartiene ad alcun “ismo” artistico, nonostante quella costante tensione alla luce e alla luminosità che la contraddistingue, possa farcela apparire coerente con i grandi momenti della storia artistica che hanno attraversato il novecento.
Vito Sutto
Nata a Treviso nel 1947, risiede a Udine dal 1965. La materia che le è più amica è la creta, o terra, che unita ad acqua e fuoco le consente di realizzare le sue idee. Talvolta usa la tecnica Raku, ma soprattutto direziona la ricerca sulla materia e sul suo naturale colore quello dell’argilla arricchendola con smalti composti e amalgamati fatti di materiali segreti e non ripetibili, cosicché le sue opere diventano esemplari unici.
Si avvicina all’arte a mezzo del disegno sin dalla più tenera età e intraprende così un lungo percorso attraverso l’arte, passione amica a volte concretizzata, a volte rimasta inespressa, ma sempre e comunque in primo piano nei suoi pensieri. Dalla materia grezza ad opera compiuta senza passare per il bozzetto perché secondo lei quello è già opera finita.
L’iter creativo della Povegliano non è mai ripetuto, è sempre studiato ai fini di ottenere il risultato espressivo voluto, ideato, atteso. L’espressione materica ottenuta dall’autrice è concepita libera da vincoli dimensionali e realizzata in oltre trent’anni di processo artistico.
Collabora con l’UTE da oltre vent’anni. Sue opere si trovano in diverse collezioni pubbliche e private. I temi trattati dalla Povegliano ai fini di comunicare i suoi messaggi sempre positivi a chi ammira le sue opere sono: natura e uomo.
Come dice l’artista: “ Nel momento in cui ho incontrato nel mio lungo cammino artistico l’argilla, spinta da curiosità e interesse nei confronti di qualche cosa da manipolare, le mani mi hanno subito aiutata e così sono andata avanti senza preoccuparmi di ciò che andavo a fare o ciò che volevo trasmettere”.
Raffaella Ferrari
Introduce il colore Marialisa Povegliano Bulfone nelle sculture che, nella verità, hanno slanci e rotondità nelle forme. Nelle superfici lisce, pari alla finezza di una pelle, entrano strisce ondulate, ritmi cromatici, oggetti, pretuberanze a segnare le superfici, per avviare un ritmo nell’esaltare lo spazio. E sempre per ritmo emergono segni plastici in rilievo dai colori netti, tra contrasti e apparizioni.
Maria Lucia Ferraguti
“Premio Ponzano” Concorso Nazionale d’Arte Contemporanea di Pittura, Grafica/Acquerello e Scultura
II^ edizione (Giugno 2011)
1° Premio sezione Scultura : Marialisa Povegliano
Motivazione
Il modellato in ceramica a mò di scultura articolata e composta da vari pezzi mobili, dal curioso titolo “Complicità”, 2012, ci fa scoprire nell’autrice, una forza creativa di ampio respiro, tesa a scoprire spazi nuovi e a superare le barriere del fatuo, penetrando nei recessi dell’ignoto. Il curatore Pradella parla di implosione/esplosione, che a me pare dominata dal kronos, simboleggiato dalla sfera sommitale. Forse l’autrice ha visitato il parco romeno Tirgu-Ju, dove giganteggia la “Colonna senza fine”, 1938, di Costantin Brancusi, alta 37 metri. Lo slancio di tensione verso il cielo del grande scultore rumeno si concentra in questa ceramica di non grandi dimensioni, incarcerando a forza un intrattenibile anelito alla vita, rappresentata da cubi e mattoncini forati e sovrapposti in precario equilibrio di sensi.
Pierduilio Pizzolon