Recensioni sull'artista Ivana Bomben

    Di lei hanno scritto:


    Il colore primeggia come veicolo comunicativo. La realtà viene letta non solo mediante l’intelletto ma anche attraverso l’anima, il cuore ed il corpo. A volte tutto perde la definizione realistica e si affaccia la suggestione pura della materia. La vista non si limita al visibile. Ivana Bomben fin dai primordi è stata perfettamente riconoscibile e questo rende i suoi quadri familiari, Irrequieta ed in continua ricerca, l’arte della Bomben produce stupore e suggestivo canto che travolge e porta con se.

    Alessandra Santin


    suggestioni che ricordano il piumaggio di uccelli fantastici, i toni caldi di tappeti orientali, i profumi di spezie, il fascino ei grandi arazzi quattrocenteschi, la magia delle antiche maschere veneziane.

    P. Raineri


    per Ivana tutto ciò è diventato una sfida e, nel contempo, un piacere egotistico, un voler conglobare degli elementi imprevedibili all’interno dei suoi dipinti per poi sottoporli ad un processo di sublimazione, i cui esiti possono rivelare una sorta di ironia giocosa da parte dell’Artista che, talvolta, invece dell’ordinaria juta o del cartone ondulato, arriva ad usare una veletta ricamata pronta ancora a sedurre e ad accentuare l’intensità di uno sguardo. (G. Calvo di Ronco)


    il primo richiamo va ai “Fauves” ed alle varie esplosioni di origine nordica, ma anche a certe vampate di colore e varie profondità di certi espressionisti. Comunque lo “spettacolo “ c’è ed è vivace e robusto con tanti saluti al Chiarismo ed ai vari ricami.

    E. Fabiani


    - nelle sui tele prevale un senso forte del dominio del colore che ha una funzione espressiva e simbolica. Le grandi stesure dei rossi cupi aprono orizzonti e baratri sconfinati, hanno la forza di corpi astrali in movimento, si rendono autonome dai contesti, assorbono voci e suoni e sono gravide di senso. Questi colori sono comunque un mezzo per esprimere la luce, non quella fisica ma quel bagliore luminoso custodito nella mente dell’artista.

    P.Pizzolon


    L’arte di Ivana Bomben esalta le possibilità cromatiche, luministiche e tattili del supporto pittorico articolando questa squisita “concretezza” con una raffinata elaborazione concettuale. Grazie ad una accurata strategia di coesistenze le modalità per incontrare ogni singola opera si moltiplicano e si legittimano. Diverse tipologie di dialogo possibile che vertono tutte sull’indiscusso protagonista di queste grandi tele: il colore.

    Laura Basso


    Una storia di figurativo si traduce in un lacerato grido informale. 

    Tutto è segno, grido acuto in una periferia cromatica che accentua brevi accenni luminosi, sommessi sussurri di sollecitanti apparizioni. 

    Il colore fluisce come il segno dai segreti anfratti della coscienza non etica, ma piuttosto psichica.

    Non etica perché l'artista non vuole comunicare messaggi, denunce ,,recriminazioni, ma la ricerca è puramente emozionale con fremiti nervosi che tagliano gli spazi con fragorosi e improvvisi suoni. 

    Osservo un equilibrio formale apprezzabile, un rapporto misurato e responsabile tra volumi e un rispetto attento nei confronti degli spazi nei quali il segno non incide. 

    Spazi comunque mai vuoti

    Vito Sutto


    Umiltà. Ecco perché mi ha colpito quel termine che Ivana stessa utilizza per parlare della sua opera.

    Perché in questi squarci di colore e forma sull’uniformità della tela Ivana assiste a un miracolo, ogni volta diverso, che si chiama divenire, semplicemente, sì, ma straordinariamente.

    E si fa strumento, si lascia attraversare dalla stessa forza creatrice come può accadere ad un musicista jazz che va dove lo porta lo strumento, il giro di accordi, assistendo lui stesso con stupore a quello che viene fuori.

    Paolo Venti




    Quadri come epifanie di Paolo Venti

    Sulla pittura di Ivana Bomben

    Informale è una categoria larga, in cui confluisce in fondo tutto quello che rifugge da un figurativo, anche inteso nella sua formo più ampia o magari allusiva, e cerca una libertà espressiva totale.

    Ed è ovvio che, fatte salve le prime prove di Ivana Bomben, il rigoroso e necessario apprendistato presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia in cui ha esplorato tante tecniche pittoriche anche su soggetti tradizionali, questa sua pittura recente e personale va scritta alla categoria dell’informale, ma….

    Ma c’è informale ed informale e l’etichetta che di per sé non dice nulla se non cerchiamo di recuperare o intuire fili più precisi a livello interpretativo, specificità che ci aiutano a entrare in un mondo espressivo così connotato e personale.

    Come sempre, davanti ad una serie di opere, si procede cercando tracce, seguendo intuizioni. La prima traccia è una frase che recupero leggendo qualche pensiero di Ivana sparso tra le varie pagine Internet ed i cataloghi delle mostre passate: “ La creatività è una cosa molto importante per me, alla quale mi sottopongo con umiltà “.

    Umiltà. E’ una parola forte desueta e intensa in un tempo in cui la creatività si pone troppo spesso come assertiva, indiscutibile, sfacciata perfino.

    Qui abbiamo una “ creatività umile” che significa tante cose, ma ci fornisce soprattutto una traccia che vorrei seguire.

    Poi naturalmente guardiamo le opere, quelle distribuite nella sua bella casa e quelle che espone oggi, quelle che recuperiamo in rete e quelle che sono ormai sparse in tante collezioni e che restano documentate dai cataloghi.

    Colpisce una cosa, soprattutto nel filone più recente, quello che sembra essersi coagulata e identificata la cifra artistica di Ivana.

    Colpisce un tema ricorrente, un espandersi di qualcosa che parte dal centro, che sembra sbocciare come un fiore strano e inquietante da uno sfondo morbido, non uniforme ma almeno sfumato, senza incrinature.

    E invece questo fiore strano, questo ectoplasma di geometrie complesse si dipana imprevedibile: non esplode ma si apre con i sui tempi, senza possibilità di previsione, senza finalità precise in cui si possano geometrie o elementi figurativi.

    Si dipanano, letteralmente si snodano forme immateriali, quasi una nebbia grigia che si torce in volute mentre lo sfondo sembra squarciarsi in ferite dolenti e metafisiche, o schiudersi in una fessura sottile.

    E’ l’uniformità del mondo originario che si apre a nuove significazioni, che rivela contenuti nascosti.

    La nebbia via via si rapprende, acquista a contatto con il nostro spazio di spettatori come una consistenza nuova, la saturazione del colore cresce fino a regalarci superfici quasi compatte che si estroflettono verso di noi, talora davvero acquistando un rilievo reale.

    I colori intanto creano contrasti sempre più decisi, giocati quasi sempre nella dialettica bianco-nero-rosso, con preziosità di grigi o inserti cromaticamente variati e suggestivi. Le linee sono morbide ma sulla tela acquistano contorno via via sempre più netti, si distaccano decise dallo sfondo, guadagnano miracolosamente una tridimensionalità che ce li fa crescere sotto gli occhi come se davvero i reticoli lievitassero e prendessero vita.

    Casualmente i profili si fanno montagne, visi, corpi mai visti ma è la casualità, decisamente è la casualità della costruzione che ci illude di trovare forme riconoscibili. In realtà la creazione artistica assomiglia qui in modo incredibile alla creazione tout court,: questo nostro è solo uno dei mondi possibili, forse neanche il migliore, ma lo spettacolo dei mondi che si creano, si dipanano e forse svaniscono per esaurirsi in questa specifica tela è spettacolo di enorme suggestione.

    A volte le volute si rapprendono, fuoriescono e davvero si fanno materia concreta, inserto. Polimaterico, anche questa è una etichetta un po’ abusata che però qui acquista un significato preciso, a indicare uno stadio di elaborazione, un tempo nel lievitare del mondo, o dell’emozione che l’artista ha sotto i suoi occhi e dentro di sé. Si tratta di vere e proprie estrusioni di colore e di forma che ricordano una creazione, e si fanno per logica conseguenza davvero portatrici di materia, rete, tessuto, carta.

    E allora non faticheremo a riconoscere un quarto, quinto stadio (ormai non so più contarli nel sovrapporsi continuo dei piani) in quei lacerti di scrittura che a volte Ivana inserisce nella composizione, brandelli di un naufragio o prime prove di una lettura umana del mondo.

    La civiltà, la cultura, noi uomini, che attraverso questi strani segnetti che poi leggiamo compitiamo, ci intestardiamo a moltiplicare, pretendiamo di dare un senso alle cose, a quel divenire magmatico che è la creazione.

    Inconsapevoli che anche noi siamo parte, come un cristallo, un’onda, un cavallo, della sessa caleidoscopica e bizzarra fantasmagoria delle cose, casuale, spietata e meravigliosa al tempo stesso.

    Umiltà. Ecco perché mi ha colpito quel termine che Ivana stessa utilizza per parlare della sua opera.

    Perché in questi squarci di colore e forma sull’uniformità della tela Ivana assiste a un miracolo, ogni volta diverso, che si chiama divenire, semplicemente, sì, ma straordinariamente.

    E si fa strumento, si lascia attraversare dalla stessa forza creatrice come può accadere ad un musicista jazz che va dove lo porta lo strumento, il giro di accordi, assistendo lui stesso con stupore a quello che viene fuori.

    C’è una dimensione religiosa, sacra in tutto questo: davanti ad ogni tela la sensazione è quella di un universo intero, come avrebbe potuto essere, come forse sarà.

    L’artista è un po’ sacerdote di questo strano rito per cui, tela dopo tela, il mondo si immagina da capo.

    Epifania, ecco un’altra parola importante per leggere le opere di Ivana Bomben, cioè apparizione, manifestazione misteriosa che si attua ogni volta grazie ai colori, pennelli, mani.

    Esercizio stupendo anche per lo spettatore, il visitatore perché davvero il nostro mondo è precario, soggetto a un fluire continuo, e non è se non nella misura in cui lo inventiamo ogni volta daccapo.

    Con stupore incantato e umiltà, appunto.


    Cose insolite e scorrette.

    Poche parole ma sufficienti a raccontare questa mostra.

    Una raccolta di opere create per l'occasione che, protette da necessari muri, stanno ad aspettare qualcuno per raccontare una storia insolita e scorretta. Una storia abbastanza lunga da lasciare sufficienti tracce per

    essere raccolte, custodite e, con cura, appese ai muri. Come le foglie che cadono scosse da venti più o meno sconosciuti e che, scivolando frettolose, si appoggiano al suolo non solo per assecondare leggi universali ma forse anche per cercare ancora tiepidi contatti con l'immobile. Se si osservano le foglie, dall'alto verso il basso, diventano rapidamente macchie di colore poco brillanti, troppo velocemente spengono i loro caldi riflessi che, dal basso verso l'alto, vediamo colorare il cielo. Eppure se abbiamo il tempo per osservarle, mentre tutte insieme stanno per terra, ci accorgiamo che in fondo non sono più sagome di colore ma racconti di stagioni, di tempi in movimento che ora, meno appariscenti, accudiscono e velano i segreti, i profumi e i colori delle prossime stagioni. Fragili spessori che abbandonano colori per trasformarli in necessario e prezioso calore. In tutto questo si puòintravedere l'essenza di ogni cosa che non possiamo spiegare con parole ma che a volte misteriosa ci invade e un po', come foglie al vento, ci fa tremare.

    Ho voluto stare accanto a queste opere perchè esse raccontano di conscie e coraggiose rinunce destinate a mutarsi in qualcos'altro; cose meno appariscenti, meno piacevoli, meno socievoli ma, nella loro nudità, calde. Sono trasformazioni e come i venti pi˘ o meno noti, sono loro che ci portano altrove.

    Marco Minuz


    OLTRE …. la visione

    IVANA BOMBEN

    Di Alessandra Santin

    Oltre….

    Esterno e interno si toccano,

    sono lo stesso universo,

    la stessa incandescente materia,

    il colore radioso di un cosmo palpitante.

    V. M. Carminati

    Il percorso più recente della ricerca di Ivana Bomben si addentra oltre il consueto del quotidiano, là dove solo l’occhio della poesia può indugiare. Si tratta di luoghi che stanno fuori dei confini certi della visione razionale, e dentro i limiti instabili e fluidi del desiderio, del sogno e della memoria.

    L’attenzione dell’artista si rivolge oltre le sorgenti dell’esistenza, in cui il passato e il futuro si coniugano con la stessa forma del tempo presente, l’unica che può esprimere le verità dell’universo soggettivo e privato di ciascuno.

    Oltre l’immagine dell’opera realizzata, l'arte contemporanea della Bomben svela il trascendente mediante una riflessione puntuale sulle molteplici possibilità di declinazione del linguaggio visivo astratto, che continua ad essere per lei un imprescindibile punto di riferimento.

    Infatti nei dipinti di Ivana Bomben (che va oltre le direzioni espressivo-simboliche dell’astrattismo storico) domina da un lato la macchia, emblema della poetica informale, elemento pittorico casuale ad alto potenziale evocativo, e dall’altro la materia, spesso costituita dal solo colore, plasmato in stratificazioni effettuate con le dita, la spatola o il pennello. Si potrebbe teorizzare l’identificazione della poetica dell’artista con il gesto puro dello stendere il colore, accostando a volte anche materiali diversi quali il cuoio, la carta, il tessuto, le fibre di sacco. Queste operazioni artistiche mettono al centro della ricerca il fare, l’agire, il provocare reazioni e stupore, interrogazioni e soddisfazioni.

    Oltre agli elementi concreti l’azione di Ivana Bomben tende a catturare la luce che rende ogni frammento vivo e mobile, forma del respiro tradotto in colore.

    Il bagliore informale dell’astratto accontenta la direzione del vento che raccoglie e trasporta l’emozione pura della vita, vita che sta altrove, oltre il nostro mondo, nell’universo dorato pervaso dai colpi rapidi, ritmici e armoniosi dell’energia solare color fuoco.

    Questo giallo frastagliato e caldo, frutto di impulsi molteplici, rivela i mezzi e i modi di una comunicazione poetica originaria e completa, fatta di legami vivi e sensibili.

    L’arte della Bomben è quindi porta, passaggio, mediazione e conduzione.

    Osservarla è viaggiare avventurosamente. Esperienza unica che auguro a tutti di condividere nel profondo.

    Sacile 15.06.2007

    Alessandra Santin


    L’opera di Ivana Bomben seduce lo sguardo, accende i sensi, e stuzzica la mente. Attraverso un colore pulsante esalta le possibilità cromatiche, luministiche e tattili del supporto pittorico articolando questa “concretezza” con una raffinata elaborazione concettuale. All’interno di una strategia di coesistenza, fatta di relazioni, di bilanciamenti dinamici, di suggestioni trans - culturali propone al suo interlocutore di oltrepassare la bellezza della superficie per inoltrarsi nei territori dell’informe, quelli che precedono e seguono l’esistenza fenomenica.

    Si potrebbero versare fiumi d’inchiostro per parlare di quest’opera che attraverso la forza visiva e la simbologia dell’elemento cromatico arriva alla parte più ancestrale dell’uomo. Come scrisse Vasilij Kandinsky: “ Il colore è un tasto, l’occhio un martello che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde”.

    Laura Basso


    I COLORI NELL’ ANIMA.

    Ivana Bomben a Palazzo Rota -

    San Vito al Tagliamento 19 Maggio 2005

    L’ultima volta che ho avuto modo di riflettere sul fare artistico di Ivana Bomben ho voluto condensare in una frase forse sibillina il dipanarsi di un profluvio di segni e colori che, solo apparentemente, ubbidiscono alla mera casualità poiché ogni singola opera dell’Artista pordenonese ha una sua ideazione, una sua genesi e, sempre più spesso, un motivo occasionale da cui scaturisce. La frase cui mi riferisco è la seguente:

    “Al colmo di eleatici tratturi apparve un’ala” . ..là dove il termine “tratturo” sta per “tratto di strada”, cammino, avente come esito il singolo dipinto, mentre l’aggettivo “eleatico” definisce la scelta stilistica di Ivana Bomben che rifiutando il puro visibilismo, considera il mondo dei fenomeni e della conoscenza sensibile poco idoneo alla rappresentazione della sua interiorità e del suo credo estetico, almeno in questa sua fase creativa.

    Pertanto, chiunque consideri l’attuale produzione pittorica della Bomben, potrebbe non sapere che il suo esordio artistico ebbe inizio con un piccolo albero dalle fronde generose, posto al centro di un ondulato declivio, dove il ricordo delle messi appena falciate era racchiuso là, in una colata d’oro, che faceva da gaio contrappunto ai cupi solchi di un campo appena arato.

    Dall’albero alle case il passo fu breve poiché presto, in opere successive, apparve un nugolo di tetti, a protezione delle cieche pareti di un borgo, avvolto nel silenzio metafisico di un crepucolo incredibilmente blu.

    Tale si presentava il genere paesaggistico che, in un primo momento, connotava le scelte operative di Ivana Bomben, la quale intendeva così accostarsi alla pittura, nel modo più rispettoso e canonico, attraverso delle opere figurative, quasi che l’umiltà del neofita fosse una sorta di pedaggio necessario, necessario quanto quel bisogno di “far arte”che in modo crescente sentiva dentro di sé.

    Già allora riflessi e contrasti cromatici preannunciavano quanto nel prosieguo sarebbe poi divenuto parte integrante della sua cifra stilistica. Ben presto, brillante e tumultuoso, il colore fece vacillare figure, case ed elementi vegetali che sembrarono precipitare in una cristallina liquidità, capace di evocare piacevolmente il baleno di paradisi incontaminati, in una felice commistione di onde e verzure, esistenti solo perché Ivana li aveva pensati in tal modo.

    Fu così, da quella sorta di illuminazione, che l’Artista decise di seguire aspirazioni ed ispirazioni sue proprie per cantare a voce piena quel che “il cuore ditta dentro” in piena libertà, mettendo il rosso quando il rosso urge ed abbandonandosi all’indigo qualora un dipinto lo richieda, ben convinta che attraverso il colore, kandiskianamente, ad affiorare sia l’anima di chi dipinge o, in ogni caso, agisce.

    Secondo Ivana Bomben, sotto e dentro il colore c’è tutto, poiché il colore disvela oppure occulta una moltitudine di sentimenti: dalla rabbia alla gioia, dalla tristezza all’esaltazione, dallo spleen all’energia ritrovata e consente di dare forma alle esperienze percettive ed emotive senza che l’artista possa sempre prevederne gli esiti. Eppure nel predisporre le sue “tabulae” Ivana, da abile regista, si adopera per conferire equilibrio alle sue composizioni sorvegliando l’impulso creativo e mitigando il caos che potrebbe derivarne.

    Privilegiando la superficie con degli interventi “all over”, dove ogni piccola parte condivide la medesima intensità dell’insieme, la Bomben cerca di applicare in modo affatto personale i procedimenti tecnico-operativi dell’Avanguardia europea e, consapevole degli stilemi cubisti, dadaisti e surrealisti, elabora e trasforma le singole textures perché risultino vive e pulsanti quindi, evitando il rischio dell’automatismo tout court, pone all’interno dei suoi quadri degli inserti di materiali extra-pittorici o di recupero che, sebbene spesso siano umili e grezzi, nell’ambigua convivenza con la materia cromatica, conferiscono all’opera un respiro solenne, quasi classico, esaltato dal carico di “vissuto” che ogni frammento richiama alla memoria.

    Un frammento che costituendo la particella minima di una realtà non più operante, nel nuovo contesto, si riscatta dopo essere stato consumato ed estromesso, salvo poi risorgere con rinnovata dignità nella sfera dell’estetico, in un trionfo osmotico di pittura e materia. In tal modo, mettendo a frutto la sua sensibilità compositiva, la Bomben giustappone forme, colori, segni, luci ed ombre; conferisce densità alla materia fino ad ispessirla, accentua il contrasto cromatico fra le superfici smaltate ed il fondo niellato, si adopera con carte, colle e reticelle confermando l’originario significato del termine materia, in sanscrito “mat”, indicante l’atto creativo del fare con le mani, del costruire, da cui “matram”ovvero materia.

    E’ comprensibile come per Ivana tutto ciò sia diventato una sfida e, nel contempo, un piacere egotistico, un voler conglobare degli elementi imprevedibili all’interno dei suoi dipinti per poi sottoporli ad un processo di sublimazione, i cui esiti possono rivelare una sorta di ironia giocosa da parte dell’Artista che, talvolta, invece dell’ordinaria juta o del cartone ondulato, arriva ad usare una veletta ricamata pronta ancora a sedurre e ad accentuare l’intensità di uno sguardo.

    Sarebbe tuttavia riduttivo rilevare, qua e là, intrecci decorativi ed arabeschi astratteggianti poiché, questa esposizione di palazzo Rota, fa emergere altri aspetti interessanti di Ivana Bomben, a partire dalla nuova tipologia degli inserti: ritagli di giornale, immagini e materiali diversi che superando l’influsso della Pop-Art , più che trovati, appaiono scelti con cura e conservati, quasi incastonati nel moto ondoso dei cromatismi, da cui emergono le icone di una stridente contemporaneità, una contemporaneità che dà voce sia ai cori che ai solisti, anche quando questi scelgono lo strepito.

    Se pure qui non mancano i quadri ormai storici di Ivana, quelli in rosso nero ed oro, sontuosi come gli altari ortodossi, persino in alcuni di essi troviamo una modifica inaspettata: la presenza di una sagoma antropomorfa che, in una sorta di passeggiata solitaria, sembra seguitare una muraglia lucente, invalicabile come quella montaliana che reca in cima “cocci aguzzi di bottiglia”, e quindi non consente così come quella di guardare oltre, di avere risposte, bensì solo di andare avanti anche se ci si può trovare all’inizio di un labirinto.

    Altrove questa sagoma metamorfica si fa ameboica e inconsistente quindi riprende a danzare ma non è detto che non riservi altre sorprese; infatti in questo genere di pittura tutta da leggere e interpretare la Bomben oltre a sfidare se stessa, sfida lo spettatore che pure potrebbe indispettirsi per questo gioco a rimpiattino all’insegna del potrebbe essere ma non è. Eppure lì frulla un’ala, forse di un lepidottero, duplice simbolo di libertà ed eleganza; di qua, in una natura-altra, in una natura –che non c’è, sembra ergersi un’esotica infiorescenza tra chiarori e fulgori, sacchi e trasparenze, che si muovono come in sovrimpressione; ma non è poi del tutto vero…Saranno dei logori lenzuoli quelli stesi davanti a quelle case affastellate con porte e finestre serrate in una muta fissità che toglie il respiro? Un cielo corrusco incendia quel termitaio metropolitano, costruito abilmente con segni geometrizzanti di color cinerino, senza sciogliere l’enigma del quando e del dove e soprattutto del chi, del come.

    Vagando da un quadro all’altro forme bizzarre e misteriose vanno e vengono come vogliono, si dispongono a piacimento, rabbrividiscono, cantano, si illanguidiscono, si spengono inesorabilmente, vengono inghiottite da un’oscurità che ricorda il nulla eterno per poi riapparire in composizioni gotigheggianti, allungate in guisa di lingue cromatiche, pronte ora ad inchinarsi con flessuosità vegetale ora ad ergersi con aggressività unidirezionale oltre lo stesso dipinto, all’interno del quale, per altri accadimenti, cambiano direzione le sciabolate di colore subissate dal peso della materia.

    E cosa dire se all’improvviso concentrandosi su un ipotetico cantiere urbano con tanto di gru e betoniera, scostandosi lateralmente ci si trovasse per un momento in un canale veneziano affiorante nel cilestrino acquerellato tra segni neri e l’ennesima sagoma di un improbabile barca?

    C’è da dire che solo guardando un’opera e lasciando che questa agisca sullo spettatore che abbia la sensibilità e l’attenzione necessarie a non liquidare con sguardo frettoloso ciò che vede e che potrebbe comprendere meglio, solo allora è possibile cogliere i frammenti che affiorano dal mare agitato della quotidianità. La quotidianità che è fatta di tanti momenti in cui, purtroppo, non mancano né la sofferenza, né il dolore che, in alcuni quadri, la nostra Ivana Bomben ha rappresentato con grande efficacia indulgendo alle tonalità più basse ed inserendo dei volti dolenti in uno spazio divenuto un’arena, il teatro di una performance psico-fisica, emotiva e spirituale che l’ha impegnata integralmente e , nel contempo l’ha aiutata ad uscire dalle ambasce di un duro momento della vita.

    La pittura, in questo caso vissuta come esperienza catartica e liberatoria, ha visto Ivana Bomben crescere ulteriormente sia pure attraverso l’inevitabile ripensamento stilistico, cromatico e compositivo che, peraltro la nostra Artista, di per sé, non dà mai per scontato, una volta per tutte, poiché lo studio e la ricerca di nuove soluzioni fanno ormai parte del suo modus operandi.

    Adesso forse riguarderete le opere di Ivana che finora avete visto attraverso le mie parole: qualcuno cercando tra gli azzurri e i rossi si chiederà dove saranno mai le quinte di scena, il seno di una maternità negata e il volto coperto nel pudore della sofferenza; la risposta è che il “luogo delle apparizioni” è il singolo quadro davanti al quale- diceva lo storico dell’ arte Hans Sedlmayr-si deve stare come davanti ad una persona di rango: con il cappello in mano e attendere che ci rivolga la parola”. Perché , aggiungiamo noi, l’opera si rivela solo a colui che sa sentirla, che si dispone per accoglierla nella sua luminosa evidenza.

    Giovanna Calvo Di Ronco